Prima o poi l’estate arriverà. Come da tradizione – almeno qui a Milano – passeremo da un eccesso (di pioggia) ad un altro (afa soffocante) e sicuramente il sole comincerà ad inondare le nostre giornate.
Nelle scorse settimane abbiamo parlato dell’importanza della protezione quando ci si espone al sole e, ovviamente, questo concetto non si discute.
Tuttavia, ci preme ricordarlo, se preso con precauzione e seguendo alcuni semplici regole, il sole è fondamentale per il nostro benessere e la nostra salute.
Esso, infatti, migliora l’umore e l’energia, grazie al rilascio di endorfine; cura alcune malattie della pelle (psoriasi, vitiligine, dermatiti atopiche), regola la melatonina, stimola le difese immunitarie ed è fondamentale per le nostre ossa.
È solo grazie all’esposizione ai raggi solari – in particolare ai raggi UVB – che il nostro corpo produce la vitamina D, non a caso denominata anche “la vitamina del sole”.
La vitamina D
La vitamina D è una vitamina liposolubile (che si scioglie e si accumula nel grasso) costituita da un gruppo di micronutrienti prodotti dal corpo umano quando la pelle è esposta ai raggi ultravioletti (UV).
Abbiamo davvero bisogno di questo prezioso elemento per mantenere in salute il nostro scheletro: una carenza di vitamina D, infatti, può portare ad avere ossa fragili (osteomalacia) e osteoporosi negli adulti, mentre nei bambini può portare al rachitismo.
Bisognerebbe esporsi al sole per almeno 15 minuti al giorno, con il volto, le braccia e le gambe scoperte, per soddisfare il fabbisogno quotidiano di questa vitamina. La luce solare, però, non è uguale in ogni periodo dell’anno e in tutte le stagioni.
Inoltre, la capacità della pelle di produrre vitamina D quando esposta al sole si riduce con l’età: gli anziani sono più soggetti ad una carenza di vitamina D, anche perché in genere trascorrono poco tempo al sole, difficilmente espongono direttamente la pelle ai raggi solari e fanno un basso consumo di alimenti grassi di origine animale, cioè quelli con più elevato contenuto di vitamina D.
Il rischio esiste anche per i soggetti più giovani, anche perché, e qui sta un po’ il “paradosso”, in realtà l’utilizzo di creme protettive per schermare le radiazioni UV non permette la sintesi cutanea di vitamina D.
Eccessi di vitamina D sono difficili da raggiungere, soprattutto per chi ha la pelle scura e per chi non sta tutto il giorno al sole, tanto più in inverno.
La sintesi cutanea copre circa l’80% del fabbisogno quotidiano. Il resto, come si accennava poche righe fa, arriva dall’alimentazione, ma gli alimenti che contengono quantità apprezzabili di vitamina D sono pochi. Uno di questi è il famigerato olio di fegato di merluzzo, di cui abbiamo già parlato anche nel post dedicato agli omega 3.
Altre fonti sono il fegato, le uova e alcuni pesci grassi (salmone, sgombro e aringa, ma quest’ultima da noi non è per nulla diffusa), mentre nei latticini è davvero scarsa.
Sommariamente, possiamo affermare che in molte aree del mondo, a causa del tipo di alimentazione, della scarsa esposizione al sole e altri fattori concomitanti, si assume troppo poca vitamina D.
In questi casi, può rendersi necessario ribilanciare l’alimentazione attraverso integratori specifici. Ma torneremo sull’argomento in un prossimo post. Intanto, godetevi un po’ di sole, se avete la fortuna di averlo: qui a Milano diluvia un giorno sì, l’altro pure.
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